Il consumo eccessivo di caffè non deve essere preso troppo alla leggera poiché, in certe situazioni, può risultare una forma d’abuso potenzialmente nociva per la salute.
Contenendo caffeina (una metilxantina), il caffè agisce come uno “stimolante” e pertanto possiede delle chiare indicazioni al consumo; tali restrizioni sono giustificabili per le possibili influenze di natura ormonale e neurale che la bevanda in eccesso può esercitare sull’organismo.
Queste controindicazioni interessano soprattutto le persone in: età infantile, gravidanza o allattamento, o affette da cardiopatie, ipertensione, stati ansiosi, colon irritabile, compromissioni della mucosa gastrica e molte altre. Inoltre, anche prendendo in esame i soggetti sani ed adulti, il caffè in eccesso può esercitare tutti gli effetti negativi legati ad un esubero di caffeina nel sangue.
La maggior parte delle suddette complicazioni è facilmente ovviabile prediligendo il così detto caffè decaffeinato, ovvero un prodotto ricavato dalla decaffeinizzazione (rimozione della caffeina per mezzo di solventi) del caffè verde crudo prima della tostatura.
Ricordiamo inoltre che, in alcuni caffè, si è osservata la presenza di molecole un po’ controverse; si tratta dei di-terpeni. Questi, una tipologia di terpeni, sono legati alla componente oleosa del caffè (fortunatamente molto ridotta) e risultano più presenti nel caffè non filtrato (o ricavato da strumenti con filtri metallici come la classica moka) piuttosto che nel caffè ricavato da filtri in carta. Non tutti i di-terpeni sono nocivi, così come non tutti risultano benefici, ragion per cui la loro concentrazione deve essere tenuta costantemente sotto controllo.
La tolleranza della popolazione anziana al caffè è legata soprattutto alla presenza e relativa concentrazione di metilxantina. A tal proposito, pare che una quantità di circa 50-100mg di caffeina al giorno (mediamente contenuta in 5-10g di polvere di caffè) sia ben sopportata dalla maggior parte delle persone in terza età. Oltre questa soglia si potrebbero manifestare non pochi effetti collaterali.
Come anticipato, anche nei bambini, nelle donne gravide e nelle nutrici, la presenza di caffeina deve essere mantenuta entro certi limiti. Per di più, oltre alla complicazione di natura nervosa ed ormonale legata all’esubero di caffè, è da tenere in considerazione un’azione ostacolante sull’assorbimento del ferro. Si tratta di un effetto da evitare scrupolosamente sia sulle donne gravide o in allattamento, sia sui neonati e sui bambini.
Nel caffè sono anche state identificare delle molecole piuttosto indesiderate; queste, testate a concentrazioni esponenziali sui roditori, hanno manifestato un’azione di tipo cancerogeno. Tuttavia, la sperimentazione delle concentrazioni raggiungibili con l’alimentazione, sugli esseri umani, non ha condotto a nessun tipo di effetto neoplastico.
D’altro canto, si è rilevato che il caffè solubile (apparentemente meno “intenso” degli altri) contiene una porzione maggiore di acrilamide (derivato glucidico) rispetto a quello fresco. Tale fenomeno è probabilmente legato allo specifico metodo di essiccazione, anche se esistono vari tipi di tecniche ed impianti industriali che incidono differentemente su questo parametro chimico. In tal caso, trattandosi di residui tossici dei carboidrati, è ipotizzabile che siano maggiormente coinvolti quei processi di essiccazione che sfruttano il contatto del caffè liquido su superfici roventi (ad esempio, rulli mobili da sottoporre a raschiatura).
La caffeina contenuta nel caffè può anche aggravare dei disturbi preesistenti, come emicrania, aritmia e complicazioni del sonno. Inoltre, a dosi elevate, può causare stati ansiosi nei soggetti predisposti.
Un tempo si pensava che il caffè potesse aggravare pesantemente la malattia da reflusso gastroesofageo, ma recenti studi mettono seriamente in discussione questo “dogma nutrizionale”. Ovviamente, per sicurezza, in circostanze simili è sempre consigliabile fare un uso moderato e saltuario della bevanda, evitandola nei pasti serali.
Non è una novità che la caffeina possa indurre assuefazione e quindi dipendenza. Infatti, alcune ricerche suggeriscono che, anche nei soggetti che consumano poco caffè, sospendendolo bruscamente, tendono a manifestare: sintomi depressivi, ansia, astenia e stanchezza. Tuttavia, la metodologia utilizzata in questi studi è stata criticata per scarsa accuratezza. Non va comunque dimenticato che tali effetti sono comuni (e ben documentati) nei consumatori più accaniti di bevande che contengono questa metilxantina.
NB. Recentemente, una statistica di mercato ha evidenziato che, negli USA, il 15% dei consumatori di caffè ne ha interrotto l’assunzione a causa delle possibili implicazioni salutistiche che questo potrebbe avere sul loro organismo.