L’estate 2017 si è aperta con una grande proliferazione di meduse nel Mediterraneo. Dai dati raccolti, basati su centinaia di segnalazioni dei bagnanti, è emerso che negli ultimi sette anni, dal 2009 al 2016, gli avvistamenti sono aumentati di oltre 10 volte.
Quello con una medusa è sicuramente uno dei più frequenti incontri ravvicinati “negativi” che possono capitare nei nostri mari, in Italia e in generale nel Mediterraneo. Un incontro doloroso perché, al contatto con la pelle, particolari cellule presenti sui tentacoli di questi animali rilasciano un veleno che, penetrando nella cute stessa, induce una forte risposta infiammatoria.
LA MEDUSA PUNGE?
No, la medusa non punge, né morde. I suoi tentacoli emettono una sostanza urticante per la pelle, che causa irritazioni cutanee dolorose, gonfiore e arrossamento. Per avere questa reazione cutanea, non è necessario essere sfiorati dalla medusa: basta solo entrare in contatto con il liquido urticante che libera attraverso i suoi filamenti.
Attenzione ai bambini più piccoli
Anche se non tutte le specie sono urticanti, gli avvelenamenti da medusa rappresentano un problema emergente di salute ambientale che interessa soprattutto i bagnanti più sensibili, ovvero i bambini e, tra questi, i più piccoli. Si tratta infatti di uno dei motivi più comuni di richiesta di assistenza medica nel periodo estivo, soprattutto nelle strutture di primo soccorso presenti sulle spiagge ad alto impatto turistico.
I sintomi principali
La maggior parte dei sintomi è limitata a reazioni locali e cutanee, ma in circa il 9% dei casi si possono avere delle complicazioni, principalmente legate a reazioni allergiche. Gli effetti locali in seguito al contatto con una medusa includono dolore e prurito intensi, dermatite con rossore cutaneo, presenza di pomfi e vescicole, gonfiore e, più raramente, danni cutanei irreversibili.
Al primo contatto tra la pelle e la medusa, il bambino percepisce un forte bruciore e dolore. Subito dopo la pelle si irrita, diventa rossa, e compaiono piccoli pomfi (rigonfiamento della cute), tipo orticaria. La sensazione di bruciore comincia ad attenuarsi dopo 10-20 minuti. Poi il bimbo inizia ad avvertire un intenso prurito.
Se viene colpita un’area più estesa del 50% del corpo del bimbo, l’intensità di dolore e del bruciore può diventare insopportabile.
Ecco una serie di trattamenti consigliati perché è stato osservato un beneficio generale derivante dalla loro applicazione.
Vediamo allora cosa bisogna fare.
1. Far uscire il bambino dall’acqua e tranquillizzarlo. Per un genitore non è semplice vedere il proprio bambino che piange per il dolore, ma bisogna evitare il panico. Rimanendo calmi, si trasmette sicurezza al piccolo e si riesce ad agire più efficacemente nei tentativi di ridurre il dolore.
2. Lavare abbondantemente la parte colpita con acqua di mare, per diluire il più possibile la tossina. “Non bisogna mai utilizzare acqua dolce, che favorisce il rilascio di ulteriore veleno da parte di eventuali frammenti di tentacoli rimasti sulla pelle” spiega chiaramente Marano.
3. Rimuovere eventuali residui di tentacoli: si può utilizzare della sabbia “spolverandola” sulla parte colpita (senza sfregare) oppure una carta plastificata (bancomat, patente, carta fedeltà) da passare delicatamente sul bordo sulla pelle.
4. Immergere la parte colpita in acqua calda. Questa è considerata una delle strategie migliori per alleviare il dolore. “Però andrebbe usata acqua ben calda: non bollente, ovvio – non dobbiamo ustionare il bambino – ma alla più alta temperatura tollerabile da parte del piccolo” spiega il tossicologo. In mancanza di acqua calda, si può anche utilizzare della sabbia ben calda, con cui coprire la parte interessata (senza sfregare). L’acqua calda funziona perché il calore inattiva il veleno.
Secondo alcuni studi, anche l’applicazione di ghiaccio – mai direttamente sulla pelle – potrebbe dare un po’ di sollievo. Sembra però che il freddo sia meno efficace del caldo nel lenire il dolore, e valido soprattutto per i casi più lievi.
Un’altra possibilità, sempre per alleviare il male, è l’applicazione di creme a base di solfato di alluminio o cloruro di alluminio. “Anche in questo caso non ci sono molti studi in proposito, ma quelli pubblicati sembrano indicare un effetto positivo” sottolinea Marano.
5. Per quanto riguarda i rimedi fai da te, la letteratura scientifica tendenzialmente sconsiglia l’uso di ammoniaca, urina o alcool, sottolineando che potrebbero peggiorare la situazione. Rimane da valutare l’utilizzo di aceto diluito in acquache, come l’acqua calda, permette di inattivare il veleno. L’aceto si è rivelato molto efficace nel trattamento delle lesioni provocate da alcune meduse, ma sostanzialmente inutile (o addirittura controproducente) nel trattamento di altre meduse. Di nuovo, però, gli studi in proposito riguardano soprattutto animali esotici, non presenti nei nostri mari.
Quando andare al pronto soccorso
Se il dolore si attenua e non ci sono altri segni “anomali” non occorre fare altro. Se però il dolore è molto intenso e non passa – può succedere se l’area colpita è molto estesa – o se il bambino manifesta sintomi che possono fare pensare a una reazione allergica – gonfiore in zone diverse da quella colpita, difficoltà respiratoria, pallore, sudorazione intensa – occorre chiamare il 118 per capire come comportarsi o portarlo direttamente al pronto soccorso.
L’area di pelle colpita dalle meduse rimane sensibile alla luce solare e tende a scurirsi rapidamente. Per evitare che la pelle si macchi, è bene evitare pomate antistaminiche e occorre tenere coperta, o ben protetta da uno schermo solare, l’area colpita, fino a quando la razione infiammatoria non scompare (non più di due settimane).