Il bendaggio funzionale
Quando si parla di bendaggio funzionale si fa riferimento a una tecnica di immobilizzazione parziale il cui obiettivo è quello di ridurre i tempi di guarigione rispetto i metodi e le tecniche tradizionali. Con questa tecnica, un’articolazione viene infatti messa in scarico e protetta rispetto alla direzione di movimento patologica e dolorosa. Questa tecnica, che viene messa in pratica con l’applicazione di cerotti adesivi e bende, fu messa a punto in ambito fisioterapico da un team di ricercatori statunitensi negli anni Sessanta.
Le bende impiegate si distinguono per le misure diverse (cm 6, 8,10), oltre che per il livello di estensibilità.
Le bende possono essere elastiche in lunghezza, elastiche in larghezza oppure elastiche in entrambe le direzioni. Il loro utilizzo, naturalmente, dipende dalle indicazioni fornite dal fisioterapista. Il tape o cerotto viene usato al fine di bloccare nelle direzioni desiderate l’articolazione. Occorre precisare che il confezionamento e la preparazione di un bendaggio funzionale rappresentano sempre la conseguenza di una decisione medica. Tali operazioni, dunque, possono essere consigliate in seguito a una lussazione o a un trauma distorsivo, oppure come soluzione per una micro-frattura o una lesione muscolare; vi si può ricorrere, inoltre, in presenza di gonfiori evidenti ed edemi. E’ importante evitare di bendare pazienti che presentano problemi dermatologici o comunque allergie al collante riconosciute. Il bendaggio, che non può essere assolutamente bagnato, solitamente viene rimosso dopo un periodo do quattro o sette giorni, durante i quali comunque è possibile svolgere le consuete attività quotidiane. Si tratta, in sostanza, di un presidio di contenzione dinamica utile e pratico.
In concreto, esso impiega bende adesive, inestensibili ed estensibili a seconda delle esigenze, che combinate opportunamente consentono di proteggere in maniera ottimale le singole strutture legamentose, tendinee e muscolari da agenti pato-meccanici o agenti potenzialmente pato-meccanici, senza che l’articolarità fisiologica risulti limitata. Tra le proprietà rivestite dal bendaggio dinamico va segnalata senza dubbio un’azione meccanica, cui si aggiungono un’azione propriocettiva, un’azione fisiologica e il cosiddetto effetto cerotto, che svolge una funzione esterocettiva. Occorre adottare precauzioni particolari in presenza di malattie dermatologiche, turbe circolatorie, allergie agli adesivi, rotture tendinee, fratture recenti e ampie lesioni aperte. Ideali per distorsioni e lussazioni, i bendaggi di questo tipo svolgono una funzione di stabilizzazione passiva rispetto alle articolazioni.
Non va dimenticato, per altro, che i bendaggi funzionali possono svolgere anche un’azione preventiva, venendo impiegati per allenamenti e gare con la finalità precisa di proteggere le strutture più vulnerabili (anche solo potenzialmente) rispetto a sollecitazioni specifiche, dovute a difetti acquisiti o congeniti, instabilità croniche, difetti di portamento, carichi iterativi con effetti cumulativi e lesivi. In questo caso, tuttavia, i bendaggi preventivi vanno rimossi al termine dell’allenamento o della gara. I bendaggi propriamente terapeutici, d’altra parte, vengono impiegati per trattare lesioni micro-traumatiche croniche o traumatiche acute per le quali il danno patologico e anatomico è assente o comunque contenuto.
Infine, i bendaggi riabilitativi svolgono una funzione essenzialmente di recupero: si ricorre ad essi nel momento in cui, essendo la lesione guarita (a prescindere dalla gravità del trattamento) si desidera ottenere un ripristino rapido dell’articolarità completa.
Questo tipo di bendaggio, poi, favorisce la ripresa della coordinazione motoria e della vigilanza propriocettiva, fondamentali per far sì che la persona si trovi nella miglior condizione di forma possibile. Le funzioni meccaniche esercitate sono di scarico, sostegno, compressione e stabilizzazione. All’interno del bendaggio funzionale, merita una citazione a parte il cosiddetto taping.
Dal punto di vista tecnico, lo sviluppo e lo studio del bendaggio funzionale hanno offerto la possibilità di codificare diversi principi basilari che dovrebbero essere tenuti a mente dal fisioterapista. È necessario, quindi, effettuare una diagnosi avvalendosi dei supporti strumentali e clinici necessari, prima di analizzare la fisiopatologia relativa al movimento traumatica. Il materiale che deve essere applicato sulle zone da salvaguardare (o, per meglio dire, sulle proiezioni sulla pelle delle strutture da proteggere) deve essere poco. Evidentemente, spetterà al professionista incaricato di eseguire il bendaggio conoscere le diverse tecniche del taping e applicare quella più indicata, scegliendo tra bendaggi intrecciati, a palizzata, a ventaglio, a farfalla, eccetera. Al tempo stesso, risulterà opportuno selezionare materiali specifici che presentino proprietà strutturali efficaci.
Come già accennato, sarebbe preferibile evitare di conservare il bendaggio per più di dieci giorni: in caso contrario, infatti, si rischia di dare vita a fenomeni di irritazione della pelle, con conseguenze potenzialmente piuttosto dannose. Prima della posa delle bende, la cute deve essere preparata in maniera adeguata depilandola e, attraverso il ricorso a benzoino e sostanze sgrassanti, migliorandone l’adesività. Un bendaggio funzionale correttamente effettuato presuppone l’utilizzo di compresse di gomme schiuma di dimensioni e forme differenti, di maglia tubulare di rifinitura e di salva-pelle, oltre che naturalmente di bende adesive, che costituiscono la base di qualsiasi tipo di intervento protettivo o preventivo.